DISERTORE
Qui, ne la selva densa di roveti,
A l’ombra de le quercie ho la dimora: Gli uccelli e i grilli fanno da poeti Lietamente da l’una a l’altra aurora.
Qui, niuna i giorni, solitari e cheti Fiammata d’ingiustizia, ecco, m’accora: Solo co’ miei pensieri alti e segreti
E i sogni miei vivo e converso ognora.
Uomini primi abitator del mondo, Io non v’invidio più: simile a voi
De la calma solenne io mi circondo! Affogati nel sangue, età civile
Di prostituti e di assassini eroi:
Io ti diserto; io, che non sono un vile!
Benevento 26 agosto 1916
da Schiaffi e Carezze poesie in brutta copia, Roma 1969
Introduzione
di Bruno Misèfari
Fu mio compagno di scuola.
Aveva il volto pallido e pensoso del sognatore, gli occhi lampeggianti di anima e il sorriso – sorriso di bontà – quasi stampato sulle labbra.
Figlio di montagnardi calabresi, aveva nelle vene tutto il calore della sua terra vulcanica e nel cuore tutti i sorrisi del suo cielo azzurro e gloriato di sole.
Era un ribelle nato. Ed ebbe perciò, anche lui, le sfumature della persecuzione statale. Ma egli viveva troppo di sogno per risentirsene. Le cose piccole e grette della vita contemporanea di cui molti si nutrono e si compiacciono, non eran fatte per lui.
«Era scritto», dicono gli orientali.
Per lui era scritta la fine. Non mi meravigliai perciò quando seppi che il torrente sanguinoso della guerra lo aveva travolto per sempre.
A guerra finita, ebbi il suo diario. Gli appunti del mio amico, anche se poveri di preziosità letteraria, contribuiscono al rinnovellamento dell’ordine sociale, e ciò mi basta.
È una battaglia contro la civiltà contemporanea ed un inno alla resurrezione dell’uomo. Ha diritto di cittadinanza nelle ampie vie del mondo.
Leggete il suo diario, vi dirà che il suo gesto non può essere giudicato da voi, ma dalla storia.
da Diario di un disertore
scritto da Bruno Misèfari nel carcere di Zurigo nel 1918
FALCO RIBELLE
Un giovine falco che drizza il libero volo
Ne l’alto, ove sono i fulgori
di soli immortali Un giovine falco ribelle,
o piccoli, io sono.
Mi spinge ne’ campi ignorati,
un acre desio
Di sante ideali battaglie, di luce e di gloria.
Mi splende nell’occhio la speme di certa vittoria,
mi parla nel core la voce sinfonica, dolce
D’un caro sublime Pensiero, ch’è bene e Amore. Ho giovini l’ale e robuste,
o venti, o cicloni, O fulmini immani, feroci,
vi lancio la sfida. Voi soli potete pugnare col giovine falco,
Chè Luce, chè Forza, chè Vita multanime siete.
Ma voi, piccoli, no. Coi vermi guazzate nel fango, Dal fango mirate del falco
il libero volo.
da Schiaffi e Carezze poesie in brutta copia, Roma 1969
Fra i ricordi di te, che io conservo gelosamente, ci sono i polsini di una camicia: essi, però, non sono bianchi; il tuo sudore aveva arrugginito il ferro delle manette che un giorno hanno serrato i tuoi polsi.
…
Di questi oggetti, che di te mi sono rimasti, il più prezioso è la valigia. Avevi costruito bene il “loculo” dove avevi seppelliti, là, sotto la pianta di bergamotto di san Giorgio alle Sbarre, i tuoi scritti. Racchiusi nella valigia sono rimasti intatti. Avevi scelto il luogo adatto in cui custodirli! Quella pianta ferma, che è il simbolo stesso della luce del sole e del calore vivo della terra di Calabria, sembrava volesse proteggere il frutto del tuo spirito ardente, con i suoi rami generosi e forti. Le radici siano allungate sulla valigia; l’avevano stretta in una morsa affettuosa, quasi per impedire a qualsiasi mano profanatrice di impossessarsene. La Natura proteggeva nel suo mistero il travaglio spirituale di un suo grande figlio.
da L’anarchico di Calabria di Pia Zanolli Misefari
Lerici editori, 1967
SULLA MIA TOMBA
M’è questa notte eterna assai men grave
Del dì che mi mostrò viltà di forti.
E pecorilità di plebi schiave.
Lungi il pianto da qui: sto ben co’ morti!